Grazie a personaggi noti come la modella Winnie Harlow o l’attrice Kasia Smutniak, bellissime donne che hanno deciso di mostrare la “loro” vitiligine, oggi questo problema della pelle che si manifesta con chiazze bianche sul viso e sul corpo viene affrontato con maggiore positività e vissuto con meno imbarazzo. E se è vero che alcune di queste celebrità hanno scelto di non curare del tutto la vitiligine, diventata per loro un punto di forza dopo anni di battaglia sociale, le soluzioni per limitarne le manifestazioni visibili non mancano. Ne parliamo con il dottor Santo Raffaele Mercuri, primario dell’Unità di Dermatologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Di che cosa si tratta?
La vitiligine è una malattia della pelle di origine sconosciuta, probabilmente autoimmune. Sembrerebbe causata, infatti, da una reazione eccessiva del sistema di difesa dell’organismo che attacca, per errore, le cellule (i melanociti) produttrici del pigmento (la melanina) che determina il colore naturale della pelle determinando, così, la presenza di macchie bianche (depigmentate) ben circoscritte. La vitiligine non è dolorosa, non è contagiosa, non è pericolosa per la salute, ha un andamento rapido e può colpire qualsiasi area della pelle, anche se si verifica più comunemente sul viso, sul collo, sulle mani e nelle pieghe cutanee. Colpisce circa l’1% della popolazione mondiale senza differenze di sesso o di etnia; si verifica più frequentemente dopo i vent’anni di età, sebbene possa presentarsi in ogni momento della vita. Le aree di pelle bianche, senza pigmento (depigmentate), sono più vulnerabili alle scottature solari, quindi, è importante applicare una crema con fattore di protezione (SPF) alto quando ci si espone al sole.
Come si riconosce?
Naturalmente, i segni tipici della vitiligine sono rappresentati dalle macchie acromiche che compaiono sul corpo dei pazienti. Tali macchie, generalmente, non provocano alcun tipo di problema da un punto di vista patologico. Tuttavia, è possibile che i pazienti manifestino prurito. Tale sintomo – che si presenta in un terzo dei soggetti colpiti – rappresenta un campanello d’allarme, poiché è indice di un possibile (e probabile) peggioramento della malattia. In genere basta un semplice controllo dermatologico delle macchie. L’assenza di melanociti in un’area si valuta in modo non invasivo con la microscopia confocale: si tratta di un particolare microscopio, che consente di distinguere in vivo i melanociti tra le altre cellule dell’epidermide appoggiando una sonda sulla pelle e trasmettendo le immagini a un computer che elabora l’immagine. Un eventuale esame istologico, cioè l’analisi di una minima porzione di tessuto prelevato da una macchia bianca, può evidenziare la perdita di melanociti. La diagnosi, infine, è facilitata dalla lampada di Wood, un dispositivo portatile di irradiazione ultravioletta che emette Uva e permette di rilevare zone di depigmentazione non visibili a occhio nudo. Ad ogni modo, si può affermare che il danno subìto dai pazienti affetti da vitiligine è di natura prettamente estetica, poiché non sono previste ripercussioni patologiche di alcun tipo. Nonostante ciò, la vitiligine potrebbe provocare disturbi a livello psicologico ed emotivo, creando imbarazzo, stress e disagio ai soggetti colpiti. Molti di questi, infatti, vivono la vitiligine come una patologia a tutti gli effetti, che li costringe a rimanere isolati dalle persone “normali”. Infatti, la vitiligine può deturpare l’immagine della persona e soprattutto la percezione soggettiva della propria immagine, provocando conseguenze in ambito sociale e lavorativo.
Quali sono le cause?
La caratteristica decolorazione della pelle è causata dalla mancanza di un pigmento chiamato melanina, normalmente prodotto da specifiche cellule (melanociti) responsabile del colore che assume; il perché vengano meno queste cellule, invece, non è ancora stato chiarito. Ci sono indizi importanti sul fatto che i soggetti con vitiligine abbiano ereditato un corredo genetico che li rende suscettibili alla depigmentazione. La teoria più accreditata è che la depigmentazione sia causata da un disturbo autoimmune, cioè una malattia in cui il sistema immunitario reagisce contro i propri organi o tessuti. L’organismo produce proteine (le cosiddette citochine) che, nella vitiligine, alterano le cellule che producono pigmento causandone la morte. Un’altra teoria presuppone che i melanociti distruggano sé stessi. Infine, alcuni soggetti hanno riferito che un singolo evento, come un colpo di sole o uno stress emozionale, ha scatenato la vitiligine; non è però stato scientificamente dimostrato il nesso di causalità. Circa lo 0,5 – 1,0% della popolazione mondiale soffre di vitiligine, che in media si manifesta verso i 25 anni (anche se può comparire a qualsiasi età). Il disturbo interessa ugualmente ambedue i sessi e tutti i gruppi etnici; è però più evidente nei soggetti con pelle scura. La vitiligine sembra essere un po’ più frequente in soggetti con alcune malattie autoimmuni, come ipertiroidismo, insufficienza surrenalica (condizione in cui le ghiandole surrenaliche non producono quantità sufficienti di corticosteroidi), alopecia areata (calvizie a chiazze) e anemia perniciosa (carenza di globuli rossi dovuta al mancato assorbimento della vitamina B12). La comunità scientifica non conosce l’origine dell’associazione tra vitiligine e questi disturbi autoimmuni, anche perché in realtà la maggior parte dei soggetti affetti da vitiligine non ha altre patologie autoimmuni concomitanti.
Come si cura, è possibile guarire?
Non esiste una vera e propria cura per questa malattia in quanto non si conosce la causa precisa della scomparsa dei melanociti, ma sono disponibili vari trattamenti per ridurre l’estensione e la visibilità delle manifestazioni cutanee. Chi ha una forma di vitiligine lieve può utilizzare dei farmaci corticosteroidi topici, con inibitori topici della calcineurina (quali tacrolimus e pimecrolimus), oppure con analoghi della vitamina D (calcipotriolo). A scopo puramente estetico, possono essere utilizzati dei fondotinta cosmetici per uniformare il colore della pelle (sempre su consiglio dello specialista dermatologo). Per chi, invece, ha una vitiligine più severa, si può ricorrere alla fototerapia o all’intervento farmacologico con immunosoppressori, che aiutano a pigmentare le zone di pelle colpite dalla malattia, ma si tratta di un intervento non risolutivo e che non impedisce la progressione della patologia. Infine, in determinati casi selezionati dallo specialista, si può ricorrere alla depigmentazione della cute sana, qualora la vitiligine fosse presente sulla maggior parte del corpo, in modo che il colorito risulti uniforme. In generale è importante che le chiazze depigmentate non prendano direttamente la luce del sole, bisognerà dunque usare una crema solare ad alto fattore protettivo, perché le zone colpite dalla vitiligine, non avendo il corretto apporto di melanina, risultano più sensibili alle scottature. Un altro consiglio può essere quello di integrare la vitamina D, oltre a quella ottenuta dall’alimentazione, poiché la mancata esposizione solare della pelle può comportare una diminuzione dei livelli nell’organismo di questa importante vitamina, fondamentale per la salute delle nostre ossa. Attualmente sono in corso numerosi studi clinici volti a valutare l’efficacia e la sicurezza di nuovi farmaci specifici contro la vitiligine che nei prossimi anni potrebbero portare a una migliore gestione di questa patologia.
Silvia Trevaini
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