In psicologia, uno dei primi studiosi a parlare di stress è stato Hans Selye, medico austriaco che negli anni ’30 grazie ai suoi esperimenti sui ratti adottò il termine stress per indicare una “risposta aspecifica dell’organismo a qualsiasi sollecitazione”. L’autore osservò come negli animali, a seguito dell’esposizione a stimoli esterni di vario tipo (fisico, chimico o biologico), vi fosse una risposta comune, caratterizzata dall’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Gli stimoli interni o esterni, denominati anche stressor, vanno ad alterare l’equilibrio naturale del nostro organismo (detto equilibrio omeostatico). La risposta allo stress è un tentativo che il nostro corpo mette in atto per ristabilire l’omeostasi. In altre parole, quando le risorse personali non sono sufficienti a fronteggiare le richieste provenienti dall’ambiente esterno, il corpo reagisce attivandosi. Possiamo quindi attribuire a questo meccanismo una funzione adattiva, volta a preparare l’organismo, che grazie allo stress viene stimolato a raccogliere le energie e gli strumenti necessari per far fronte alle sfide personali e alle richieste ambientali. Lo stress di per sé, qualunque sia la situazione che lo provoca, non è negativo né positivo poiché favorisce l’adattamento ai numerosi stimoli, sia fisici che mentali, ricevuti ogni giorno. È presente quando abbiamo sfide che dobbiamo affrontare con entusiasmo o come quando lottiamo per raggiungere un obiettivo. Per sentirsi vivi è necessario che ci sia stress, perché senza di esso ci sentiamo tristi, depressi e la vita comincia a sembrare vuota e priva di significato. Si tratta di un tipo di stress che ci mantiene felici e sani. Quando invece troppa attivazione e quindi troppa produzione di ormoni crea uno squilibrio con effetti sul nostro organismo (deficit di attenzione, emicrania, disturbi del sonno, ecc.) in questo caso parliamo di distress, cioè di stress negativo. Ma approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Filippo Ongaro, ex medico degli astronauti ed esperto in medicina rigenerativa, anti-invecchiamento e nutrigenomica. Continua a leggere
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Proteggiamo i polmoni

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L’inizio di novembre segna la fine di un intero ciclo vitale. La natura con i suoi alberi ormai spogli, il letargo di alcuni animali, il clima che si fa più rigido e le giornate più corte e meno luminose, indicano che è il momento per “quel che resta” dopo la spogliazione, dopo la riduzione all’essenziale di ciò che è la vita. La natura sembra più fragile, più vulnerabile, più esposta. Se pensiamo al nostro organismo, che è in sintonia con essa, bisogna ammettere che sia così: novembre è il mese in cui siamo più colpiti da diversi disturbi, sia a livello psichico (c’è la maggior incidenza di depressione) sia a livello fisico (c’è notevole insorgenza di malattie da raffreddamento e reumatologiche). Tale analogia di stato e di vulnerabilità è ben rappresentata dai nostri polmoni, che costituiscono una sorta di “albero rovesciato” (l’albero respiratorio). È un albero che vorrebbe ritirarsi, schermarsi, e che invece è spinto ogni giorno in mezzo al freddo, all’umido e al collettivo, e che, per questo, deve ora essere protetto. Al di là di tutte le variabili legate allo stress, al clima e alle epidemie, i polmoni di novembre sono organi più delicati, come dimostra il notevole aumento di polmoniti, bronchiti e pleuriti. Ed anche il peggioramento di patologie preesistenti, come le bronchiti croniche. Oltre che con il muco e con le cellule ciliate, la mucosa respiratoria si difende con la cosiddetta “vernice immunitaria”, cioè una presenza lungo tutta la superficie di cellule immunitarie e anticorpi (le immunoglobuline), che svolgono una silenziosa ma costante azione di battaglia contro gli agenti esterni. È un sistema immunitario potente, quello respiratorio, ma anch’esso può essere vittima dello stress che ne indebolisce sia l’intensità sia la prontezza dell’intervento. È raro che una polmonite o una broncopolmonite, a parte quelle dovute, purtroppo, al Covid 19 – insorga in un soggetto sano che si sente in piena forma: di solito essa è preceduta da un periodo nel quale la persona ha “dato troppo”, si è trovata a vivere nella frenesia collettiva e, collettivizzandosi, ha “perso identità” e confine, i due aspetti che il sistema immunitario rappresenta. Possiamo contare però su due piante, il timo (che ti mette al riparo da tosse e bronchiti) e la ravensara (per evitare raffreddori). Ma vediamo come… Continua a leggere
Riflessologia plantare
Yoga ormonale contro il diabete
Nel 2016 sono oltre 3 milioni 200 mila in Italia le persone che dichiarano di essere affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre). La diffusione del diabete è quasi raddoppiata in trent’anni (coinvolgeva il 2,9% della popolazione nel 1980). Anche rispetto al 2000 i diabetici sono 1 milione in più e ciò è dovuto sia ’invecchiamento della popolazione che ad altri fattori, tra cui l’anticipazione delle diagnosi (che porta in evidenza casi prima sconosciuti) e l’aumento della sopravvivenza dei malati di diabete. Il Diabete è una patologia che porta ad avere alti livelli di glucosio nel sangue da un’alterazione della funzione dell’insulina, l’ormone prodotto dal pancreas che consente al glucosio di entrare nelle cellule, come fonte energetica; quando questa attività è alterata, il glucosio si accumula nel sangue. Fa grossi danni, soprattutto se non viene curata presto e bene. Provoca disturbi alla vista, mancanza di energia muscolare, problemi al cuore, ai reni, al cervello, agli occhi, agli arti, altera la circolazione del sangue. Il diabete era già conosciuto nell’Antichità, denominato “mellito”, perché le urine dei malati hanno un sapore dolce come il miele, dato che sono ricche di zuccheri. Esistono diversi tipi di diabete: il tipo 1 (noto come IDDM), che colpisce anche i giovanissimi; è considerato una malattia autoimmune, perché il sistema immunitario non riconosce come proprie le cellule beta del pancreas e le distrugge come fossero un intruso. Abbiamo poi il tipo 2 (NDDM), il più comune, con circa il 50% dei casi, frequente nelle persone anziane, in cui l’insulina è scarsa oppure l’organismo non riesce a utilizzarla, nemmeno se viene fornita dall’esterno. Possiamo trovare il diabete D, o gestazionale, nelle donne in gravidanza, ma di solito scompare dopo la nascita del bambino. C’è infine il diabete insipido (DIN), che però non è legato al pancreas, ma alla vasopressina, un ormone prodotto dall’ipotalamo-ipofisi, una patologia molto più rara e differente dalle precedenti. Continua a leggere
Malattie cardiovascolari e differenze di genere
Uomini e donne, diversi in tutto, soprattutto nel cuore. Non è questione di sentimenti, ma di come siamo fatti. Tra i due sessi intercorrono molte più differenze di quanto si possa pensare. Anche se oggi i dati in letteratura sono ancora parziali, quelle poche evidenze ci dicono che esistono differenze enormi in base al genere e che queste possono però influenzare direttamente il modo di fare prevenzione, diagnosi e cura. Le malattie cardiovascolari rappresentano a oggi una delle categorie più diffuse di patologie al mondo, e sono gravate da un’importante mortalità. L’insorgenza di queste malattie è differente nelle donne e negli uomini. Negli ultimi decenni, molti studi clinici si sono concentrati su questi disturbi. Alcuni di essi hanno rilevato che, nonostante le donne abbiano minor incidenza, prevalenza e mortalità per tali patologie, ricevono anche meno cure (in termini di prevenzione, accertamenti diagnostici e trattamenti) rispetto alla controparte maschile; alcuni studi hanno inoltre notato che, in seguito ad un evento cardiovascolare acuto, il sesso femminile ha una prognosi peggiore rispetto agli uomini colpiti da tale malattia. Nelle donne la malattia si manifesta con dieci anni di ritardo rispetto agli uomini e dà segnali differenti: il cuore delle donne è più suscettibile alle scariche adrenergiche provocate dalle forti emozioni, ad esempio e nell’infarto non compaiono i tipici segnali riportati dagli uomini. Inoltre, fino a quando non subentra la menopausa ha una specie di ombrello ormonale che la protegge. Le malattie cardiovascolari non colpiscono quindi entrambi i sessi allo stesso modo e gli approcci diagnostico-terapeutici non sono sempre sovrapponibili. Dai fattori di rischio, ai sintomi, alle cure: sono queste le principali diversità da tenere in considerazione. Continua a leggere
L’osteoporosi: così fissi il calcio nelle ossa

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Osteoporosi, una parola che riguarda 5 milioni di donne, la maggior parte delle quali in post menopausa. La fragilità ossea, dovuta anche al calo degli estrogeni, può essere contrastata anche a tavola. Il primo comandamento prescrive l’assunzione di cibi ricchi di calcio, ma a dire la verità questo non basta. È infatti necessario che questo minerale che dà struttura e forza al nostro scheletro venga effettivamente assimilato e poi, dettaglio non trascurabile vada a depositarsi proprio sulle ossa e non, ad esempio, all’interno dei vasi sanguigni, dove sarebbe dannoso. Questa è la ragione per cui è importante comprendere non solo quali alimenti consumare con maggiore frequenza, ma anche come combinarli nel modo corretto e quali associazioni sfruttare. Continua a leggere