La gelosia nell’era 2.0

gelosiaIl termine gelosia deriva dal greco “zelos” che significa “brama, desiderio”, ad indicare la connotazione positiva di una emozione complessa, ampiamente rappresentata e condivisa nel genere animale.
La gelosia di fatto è un indicatore dell’attaccamento verso un partner, un figlio o altra figura di riferimento; è un’emozione biologicamente predeterminata che ha la funzione di rinforzare i legami in una coppia o in un gruppo, ed insorge di fronte alla minaccia reale o immaginaria di perdere un legame o un affetto importante.
“E’ un fenomeno plurideterminato, sostenuto, oltre che da valenze positive, quale l’amore, da bisogni più egoistici come la necessità di sicurezza, mantenendo stabile il proprio nucleo di appartenenza e il possesso sugli altri”, spiega  la Dottoressa Cristina Toni del Centro Medico Visconti di Modrone.

Psichiatra L’ampia diffusione della gelosia è comprovata dalle numerose descrizioni in letteratura, dalle scenate di Era verso Zeus e le sue amanti, all’ode della gelosia di Saffo, al delitto commesso da Otello (“Quel fazzoletto che mi era tanto caro, te l’avevo dato io, e tu l’hai dato a Cassio”), per citare solo alcuni esempi.

Ovviamente, l’espressione della gelosia nell’uomo risente di fattori culturali, e quanto tende ad emergere in modo istintivo dai circuiti più antichi del cervello, condivisi con gli animali, viene modulato e controllato dalle parti più evolute del medesimo.

La sensibilizzazione ai diritti civili in Italia ha veicolato il passaggio dall’attenuante d’onore per chi commetteva un uxoricidio (prevista nel codice penale fino a pochi decenni fa) all’aggravante per femminicidio.

I fattori culturali influenzano ovviamente anche le modalità con le quali la gelosia si manifesta nei comportamenti. In epoca tecnologica, la maggior parte delle infedeltà vengono scoperte dal controllo di sms, chat, contatti sui social-network del partner, tanto che si potrebbe parlare di “gelosia 2.0”.

Se la gelosia è un’emozione che entro certi limiti può avere una connotazione positiva e una funzione etologica, in alcune condizioni le manifestazioni di gelosia sono francamente psicopatologiche e richiedono quindi una terapia specifica.

In particolare, la gelosia può essere:

  • Espressione di uno stato depressivo. In questi casi il soggetto tende ad autosvalutarsi e quindi teme che il partner possa trovare in altri qualità migliori. La mancanza di fiducia in se stessi porta a rimuginare su scenari di abbandono e di solitudine. La sofferenza e la insicurezze vengono vissute con un atteggiamento di fatalistica rassegnazione. Possono essere richieste rassicurazioni al partner, ma non con eccessiva insistenza e mai con aggressività.
  • Una ossessione. Pur riconoscendo l’irrazionalità dei suoi timori, il soggetto è sopraffatto da idee di gelosia che non riesce ad allontanare, sentendosi spesso costretto a mettere in atto dei controlli per verificare la fedeltà del partner. Le rassicurazioni e le prove di fedeltà non sono sufficienti a placare i dubbi. L’ossessione di gelosia è pervasiva, non da’ tregua, insorge inaspettatamente, nonostante i tentativi di resistenza e di razionalizzazione. Si associano i controlli, come comportamenti coatti, su telefonate, messaggi, uscite del partner e quant’altro. Chi ne è affetto tende ad esternare i suoi dubbi e tormenti in modo iterativo, chiedendo di continuo al proprio compagno/a rassicurazioni e prove della sua fedeltà. Pur in assenza di agiti aggressivi, questa modalità comportamentale finisce per svilire il rapporto di coppia.
  • Un delirio. In questi casi, prevalenti nel sesso maschile, il soggetto non critica assolutamente le sue idee: è fermamente convinto dell’infedeltà del partner e ravvisa in dettagli insignificanti prove certe delle sue convinzioni. I comportamenti del partner vengono interpretati in modo erroneo, a niente valgono le rassicurazioni o le prove della inconsistenza delle idee di gelosia. Chi ne è affetto cerca in ogni modo di trovare le prove di una infedeltà di cui è fermamente sicuro: spia, pedina, controlla gli effetti personali, talora cerca di estorcere la confessione con la violenza.

Questi sono i casi più gravi e pericolosi che possono sfociare in gesti aggressivi come lo stalking, il suicidio o l’omicidio.  I deliri di gelosia si ritrovano in soggetti affetti da disturbi psicotici, come la cosiddetta paranoia, da alcolismo o da Morbo di Parkinson trattato con farmaci che incrementano la produzione di dopamina, un neuromediatore del cervello.

Secondo studi recenti condotti dalla Prof.ssa D. Marazziti dell’Università di Pisa, le radici neuronali della cosiddetta Sindrome di Otello si troverebbero nella corteccia frontale ventro-mediale, un’area del cervello che sovrintende processi cognitivi e affettivi. Un eccesso di dopamina in questa zona potrebbe essere responsabile delle forme patologiche della gelosia.  E di fatto per le forme più gravi, deliranti, la terapia prevede l’uso di farmaci che svolgono un’azione di blocco sulla dopamina.

 

trevaini50.jpg (50×63)Silvia Trevaini

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