Dentosofia: l’equilibrio in bocca

 

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Quando si parla di Dentosofia si fa riferimento, principalmente, a un’armonia e un equilibrio della bocca che sono sì a grandi linee definibili in alcuni modelli fisiologici, ma che risultano personalissimi e mutevoli nel tempo. In sostanza, ogni bocca ha il proprio equilibrio, e il paziente stesso, accompagnato dal terapeuta, è in grado di seguire il percorso verso questo equilibrio, seguendo una cura che non è stabilita a priori in tutte le sue tappe ma che si svolge nel tempo seguendo un ritmo naturale. Chi detta questo ritmo? L’organismo. Così come è in grado di regolare autonomamente la respirazione, il battito del cuore, la guarigione delle ferite…

Per quanto la terapia con Attivatore sia a tutti gli effetti una terapia d’avanguardia, la sua invenzione risale al 1953 ad opera di due professori francesi (Soulet e Besombes, appunto) che lo concepirono come un valido strumento per limitare i danni che tre mesi di villeggiatura facevano ai progressi ottenuti nelle bocche dei loro piccoli pazienti, a cui toglievano l’apparecchio per le vacanze estive, come si usava a quel tempo. Nonostante la fatica fatta per raddrizzarli, infatti, in nemmeno tre mesi i denti tornavano là da dove erano partiti. Pensarono così a un apparecchio che non causasse i problemi che davano fili metallici e ganci, che dovevano essere continuamente tenuti sotto controllo con visite in studio, sperando che questo, quantomeno, evitasse ai denti di muoversi, facendoli rimanere là dove l’apparecchio fisso li aveva faticosamente tirati. Diedero così ai loro pazienti un semplice paradenti di caucciù, materiale molto comune in Francia in quel periodo, e un appuntamento al termine dalle vacanze. Passata l’estate, al rientro i dottori rimasero sorpresi: non solo i pazienti non erano regrediti, mostravano addirittura dei progressi! E questo era ancora più sorprendente se consideravano il fatto che l’apparecchio di caucciù non esercitava nessuna trazione sui denti, i quali, quindi, si erano evidentemente mossi spontaneamente, e per giunta verso la propria sede naturale. Diedero il loro nome all’apparecchio e lo chiamarono “Attivatore”, perché sembrava attivasse alcune funzioni proprie della bocca che la facevano tendere all’equilibrio e al corretto funzionamento.

Facciamo due rapidi balzi in avanti nel tempo. Uno per arrivare agli anni novanta: un chirurgo dentista francese, il Dott. Montaud, incerto sulla decisione di estrarre a suo figlio alcuni denti che non avevano spazio in bocca, si reca a Parigi a seguire un corso tenuto dal Prof. Besombes sull’Attivatore, e rimane folgorato. Assieme a un suo collega, il Dott. Mathieu, studia gli effetti dell’attivatore provando a spiegarne il funzionamento. Non ci riesce del tutto, ma i risultati della terapia su suo figlio prima, e sulla sua famiglia e i suoi pazienti poi, sono talmente sorprendenti che decide di dedicarvisi completamente, abbandonando la chirurgia orale. Dà anche il nome alla disciplina che ha contribuito a fondare: Dentosofia, dalle parole greche per “denti” e “saggezza”.

Il secondo salto in avanti nel tempo ci porta ai giorni nostri. Quell’apparecchio di caucciù oggi è prodotto anche utilizzando materiali più moderni e resistenti, e ha preso forme diverse per affrontare meglio le differenti situazioni che si presentano nel corso della terapia, ma la sostanza è invariata. Si tratta di una sorta di paradenti, con una doppia doccia in grado di accogliere le due arcate dentarie tenendole separate, e isolarle completamente dall’azione delle labbra e della lingua, che è accompagnata fino alla propria posizione fisiologica a contatto con il palato. In un istante, quando “indossato” riporta la bocca alla sua modalità di funzionamento naturale. Praticamente tutte le malposizioni dentarie, le dismorfosi della bocca e persino alcuni disordini respiratori, infatti, sono causati dall’alterazione del normale sviluppo dell’apparato stomatognatico, che segue al mantenimento nel corso della vita di cattive abitudini durante masticazione, deglutizione e postura della lingua a riposo che, come una goccia d’acqua su una roccia, lasciano pian piano il segno. Un esempio pratico: immaginiamo di battere con la lingua, ogni volta che deglutiamo (e lo facciamo circa duemila volte al giorno), sugli incisivi, i cosiddetti ‘denti davanti’. Con l’andare del tempo, a meno che non siano corretti attraverso l’uso di un apparecchio ortodontico, gli incisivi tenderanno a sporgere. È un buon esempio anche perché permette di sottolineare una delle principali differenze che ci sono tra ortodonzia fissa e terapia con Attivatore. Mentre l’apparecchio ortodontico, se ben utilizzato dall’ortodontista, applicando una trazione riporterà gli incisivi in posizione e ce li terrà con la forza nonostante la continua spinta della lingua, l’Attivatore, molto più semplicemente (ed efficacemente!), educherà la lingua a poggiare sul palato durante la deglutizione e a riposo, eliminando così la spinta sugli incisivi che torneranno, a volte persino a una velocità stupefacente, in linea con gli altri denti. Con queste premesse, è intuitivo dedurre che tolto l’apparecchio la lingua porterà di nuovo i denti in fuori, mentre terminata la terapia con Attivatore, gli incisivi verranno finalmente lasciati in pace.

Per questo e per altri motivi, la terapia con Attivatore viene anche chiamata Riabilitazione Neuro Occlusale (RNO). È, infatti, una vera e propria rieducazione delle funzioni di base della bocca, dalla masticazione alla deglutizione, che la porta a raggiungere quel famoso equilibrio biomeccanico che le permetterà di lavorare più efficacemente e di durare nel tempo. I pazienti che portano l’Attivatore con regolarità, immancabilmente percepiscono quella sensazione di benessere che, riferita in studio durante la visita, strappa sempre un sorriso a chi ascolta.

 

trevaini50Silvia Trevaini

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