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Incontinenza urinaria femminile

L’incontinenza urinaria femminile è una condizione molto comune che solo in Italia interessa circa 3 milioni di donne e riguarda una perdita di urina involontaria di entità tale da costituire un disagio a livello sociale. La prima volta che capita si tende a sottovalutare anche se, di solito, l’imbarazzo è assoluto. Succede che, di punto in bianco, ci si ritrovi costretti a cercare una toilette spinti da un’urgenza impellente. Oppure non è infrequente che dopo un colpo di tosse o uno starnuto si verifichi un’insolita fuoriuscita d’urina: la prima, inconfondibile avvisaglia dell’incontinenza. Con il passare del tempo il problema non sparisce, anzi, spesso peggiora e diventa difficile da gestire. L’incontinenza urinaria è una malattia nascosta che ancora non è socialmente accettata. Riguarda molte donne già a partire dai 40 anni (il 40% inizia ad accusare disturbi della minzione).

Modifiche del pavimento pelvico

Così come accade ad altri tessuti, anche il pavimento pelvico nel tempo si può modificare, diventando troppo cedevole o, all’opposto, eccessivamente rigido. In entrambe le ipotesi, è facile che a questi cambiamenti si associno disturbi spesso difficili da ricondurre a una patologia precisa perché si manifestano con sintomi sfumati: gonfiore e senso di pesantezza al basso ventre, alterazioni dell’evacuazione, dolori durante i rapporti e, quasi sempre, l’incontinenza urinaria e/o fecale. La patologia compare in genere con l’avanzare dell’età ed è fortemente legata alle alterazioni ormonali e ai processi di invecchiamento. Il ruolo degli ormoni è infatti fondamentale per il trofismo delle fibre di collagene del connettivo, che ci garantisce una muscolatura tonica, ben strutturata ed equilibrata.

Diagnosticare l’incontinenza urinaria femminile

Quando si manifestano i sintomi dell’incontinenza è opportuno rivolgersi al proprio medico, che saprà indicare uno specialista a cui rivolgersi per avere una diagnosi corretta, individuando cause, tipologia e percorso terapeutico più adatto. Al giorno d’oggi ci sono alcuni semplici test e accertamenti che permettono di comprendere l’origine del disturbo, dai questionari di autovalutazione dei sintomi alle indagini urodinamiche, dall’esame obbiettivo della funzionalità dei muscoli perineali fino agli studi ecografici o radiografici del basso tratto urinario. Il percorso che conduce alla diagnosi, nella maggior parte dei casi, non necessita di tecniche invasive. Dopo un colloquio necessario a raccogliere informazioni sulla storia clinica personale, lo specialista procede ad un esame fisico che va dalla palpazione dell’addome alla verifica del tono muscolare pelvico per poi prescrivere una serie di esami clinici specifici, urodinamici e complementari. La prima visita urologica permette di ricostruire quale tipologia di incontinenza stia provocando le perdite attraverso un’accurata ricostruzione degli episodi di incontinenza e delle circostanze concomitanti.

Gli esercizi di kegel

La cura dell’incontinenza si basa su particolari esercizi che permettono di rieducare la muscolatura. I più noti sono quelli messi a punto da Arnold Kegel, il ginecologo statunitense che negli anni Cinquanta definì un protocollo riabilitativo pensato in origine per trattare l’incontinenza che si manifesta dopo il parto, ma che ogni donna può eseguire a qualunque età. Il più semplice degli esercizi si esegue in bagno, sedendosi sul wc con i piedi appoggiati a terra e la schiena dritta, durante la minzione. All’inizio le urine vanno fatto defluire naturalmente, senza spingere, ma quando si sente che il getto è al massimo, bisogna cercare di bloccarlo per qualche secondo, per poi farlo riprendere: la contrazione che permette lo stop è quella che mette in moto i muscoli giusti e dà anche la misura della forza e della capacità di tenuta della muscolatura dell’area pelvica.

La prevenzione

Per prevenire l’incontinenza, le donne, anche quelle più giovani, dovrebbero capire che tutti gli sbalzi di pressione che avvengono nella cavità addominale sollecitano il pavimento pelvico in modo intenso. Ridere, gridare, soffiarsi il naso, correre, sollevare le borse della spesa, alzarsi di colpo da una poltrona, ma anche stare per ore al computer con il busto flesso in avanti, prendere in braccio un bambino o spostare un mobile sono solo alcune delle tante azioni quotidiane che provocano un aumento della pressione addominale. Le raccomandazioni sono quelle di mantenere uno stile di vita sano, con un’attività fisica regolare e moderata, un’alimentazione equilibrata povera di grassi e ricca di frutta, verdura e fibre. Non prendere peso. Bere almeno 2-2,5 litri di acqua al giorno. Evitare gli alcolici e il fumo. In caso di problemi, limitare l’apporto di caffè e bevande contenenti caffeina.

Quando serve la chirurgia

La tecnica più utilizzata per realizzare l’intervento alla vescica in caso di incontinenza urinaria da stress è la trans obturator tape che prevede l’inserimento di una piccola rete sintetica che si incorpora nei tessuti rinforzandoli. Questo tipo di intervento per l’incontinenza ha la durata di circa 40 minuti e può essere eseguito in day hospital. Dopo l’intervento alla vescica, l’incontinenza si risolve nell’85-90% dei casi; dopo le dimissioni si può tornare alla vita normale, evitando però gli sforzi fisici. Per il ritorno allo sport e alla vita sessuale si dovrà attendere circa un mese.  Nelle forme di incontinenza più importanti, quando le perdite si verificano anche in assenza di uno sforzo si cerca di restringere l’uretra con delle iniezioni di filler a base di collagene o di silicone. Generalmente per i filler a base di collagene, trattandosi di materiale riassorbibile è necessario eseguire nuovamente le iniezioni a distanza di uno o due anni. Se si utilizza del silicone invece non è necessario ripetere il trattamento.  Anche questo tipo di intervento per l’incontinenza può essere eseguito in day hospital.

Silvia Trevaini

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