Tuberi e radici, come introdurli nella propria dieta e come sceglierli

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Le radici e i tuberi sono tra i cibi più antichi che ci siano, alla base dell’alimentazione dell’uomo fin dai tempi lontanissimi, ancor prima della scoperta del fuoco, quando si consumava quello che si trovava in natura, senza nemmeno cuocerlo. A lungo escluse dalla tavola, ora stanno tornando a occupare il posto che spetta a loro, rivalutate da medici, chef e nutrizionisti, per le loro qualità. Ciò che le rende così preziose è il fatto che sono un vero concentrato di virtù: apportano carboidrati (ma a lenta assimilazione, tanto che non innalzano la glicemia), sono prive di glutine ma ricchissime di fibre, hanno abbondanti quantità di vitamine, antiossidanti e minerali che assorbono direttamente dal sottosuolo. Sono quindi ricche di proprietà benefiche da non sottovalutare. Le radici sono senz’altro uno dei cibi della longevità, il consumo di radici alimenta una famiglia specifica di batteri (Mogibacteriaceae) che sono stati trovati negli esseri umani dalla longevità estrema (oltre 105 anni). Inoltre, sono anche facili da portare in tavola e ideali per arricchire pietanze che ci fanno da scudo per la salute. Ve ne segnaliamo alcuni che vi aiuteranno ad arricchire di varietà la vostra alimentazione quotidiana. Continua a leggere



Risvegliamo la tiroide

La tiroide è una ghiandola endocrina posizionata a livello del collo. Ha il compito di regolare il metabolismo. Inoltre, determina il flusso sanguigno diretto verso i vari organi del nostro corpo. Le cellule, grazie al sangue, ricevono ossigeno e nutrienti. A seconda dello stato di funzionamento della tiroide, ciò può avvenire in maniera più o meno rapida. Quando la tiroide non funziona al meglio, si parla di ipertiroidismo o di ipotiroidismo. Sono quasi sei milioni in Italia le donne che soffrono di disturbi tiroidei. Qualsiasi stress psicofisico protratto per lungo tempo per lungo tempo, come quello causato dalla pandemia, può minare la sua funzionalità, che è regolata dall’ipofisi, la ghiandola endocrina situata alla base del cranio che, a sua volta, è controllata dall’ipotalamo. Più diffuso dell’ipertiroidismo è l’ipotiroidismo. Si parla, in questo caso, di tiroide “stanca” e di metabolismo rallentato. A causa della scarsa presenza di iodio, il volume della tiroide aumenta e si forma il gozzo. Molto frequenti sono le forme di ipotiroidismo subclinico, cioè non ancora definito patologico e tale da richiedere un trattamento farmacologico, ma comunque degno di piccoli-grandi correttivi. È proprio quando la tiroide comincia a impigrirsi che bisogna attivarsi per regalarle sprint e rimetterla al passo. Altrimenti, ignorando il problema, si rischia di arrivare al punto di non ritorno, costretta a prendere gli ormoni sostitutivi a vita.  Continua a leggere



Quando lo stress non è positivo

In psicologia, uno dei primi studiosi a parlare di stress è stato Hans Selye, medico austriaco che negli anni ’30 grazie ai suoi esperimenti sui ratti adottò il termine stress per indicare una “risposta aspecifica dell’organismo a qualsiasi sollecitazione”. L’autore osservò come negli animali, a seguito dell’esposizione a stimoli esterni di vario tipo (fisico, chimico o biologico), vi fosse una risposta comune, caratterizzata dall’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.  Gli stimoli interni o esterni, denominati anche stressor, vanno ad alterare l’equilibrio naturale del nostro organismo (detto equilibrio omeostatico). La risposta allo stress è un tentativo che il nostro corpo mette in atto per ristabilire l’omeostasi. In altre parole, quando le risorse personali non sono sufficienti a fronteggiare le richieste provenienti dall’ambiente esterno, il corpo reagisce attivandosi. Possiamo quindi attribuire a questo meccanismo una funzione adattiva, volta a preparare l’organismo, che grazie allo stress viene stimolato a raccogliere le energie e gli strumenti necessari per far fronte alle sfide personali e alle richieste ambientali. Lo stress di per sé, qualunque sia la situazione che lo provoca, non è negativo né positivo poiché favorisce l’adattamento ai numerosi stimoli, sia fisici che mentali, ricevuti ogni giorno. È presente quando abbiamo sfide che dobbiamo affrontare con entusiasmo o come quando lottiamo per raggiungere un obiettivo. Per sentirsi vivi è necessario che ci sia stress, perché senza di esso ci sentiamo tristi, depressi e la vita comincia a sembrare vuota e priva di significato. Si tratta di un tipo di stress che ci mantiene felici e sani.  Quando invece troppa attivazione e quindi troppa produzione di ormoni crea uno squilibrio con effetti sul nostro organismo (deficit di attenzione, emicrania, disturbi del sonno, ecc.) in questo caso parliamo di distress, cioè di stress negativo. Ma approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Filippo Ongaro, ex medico degli astronauti ed esperto in medicina rigenerativa, anti-invecchiamento e nutrigenomica.  Continua a leggere



Proteggiamo i polmoni

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L’inizio di novembre segna la fine di un intero ciclo vitale. La natura con i suoi alberi ormai spogli, il letargo di alcuni animali, il clima che si fa più rigido e le giornate più corte e meno luminose, indicano che è il momento per “quel che resta” dopo la spogliazione, dopo la riduzione all’essenziale di ciò che è la vita. La natura sembra più fragile, più vulnerabile, più esposta. Se pensiamo al nostro organismo, che è in sintonia con essa, bisogna ammettere che sia così: novembre è il mese in cui siamo più colpiti da diversi disturbi, sia a livello psichico (c’è la maggior incidenza di depressione) sia a livello fisico (c’è notevole insorgenza di malattie da raffreddamento e reumatologiche). Tale analogia di stato e di vulnerabilità è ben rappresentata dai nostri polmoni, che costituiscono una sorta di “albero rovesciato” (l’albero respiratorio). È un albero che vorrebbe ritirarsi, schermarsi, e che invece è spinto ogni giorno in mezzo al freddo, all’umido e al collettivo, e che, per questo, deve ora essere protetto. Al di là di tutte le variabili legate allo stress, al clima e alle epidemie, i polmoni di novembre sono organi più delicati, come dimostra il notevole aumento di polmoniti, bronchiti e pleuriti. Ed anche il peggioramento di patologie preesistenti, come le bronchiti croniche. Oltre che con il muco e con le cellule ciliate, la mucosa respiratoria si difende con la cosiddetta “vernice immunitaria”, cioè una presenza lungo tutta la superficie di cellule immunitarie e anticorpi (le immunoglobuline), che svolgono una silenziosa ma costante azione di battaglia contro gli agenti esterni. È un sistema immunitario potente, quello respiratorio, ma anch’esso può essere vittima dello stress che ne indebolisce sia l’intensità sia la prontezza dell’intervento. È raro che una polmonite o una broncopolmonite, a parte quelle dovute, purtroppo, al Covid 19 – insorga in un soggetto sano che si sente in piena forma: di solito essa è preceduta da un periodo nel quale la persona ha “dato troppo”, si è trovata a vivere nella frenesia collettiva e, collettivizzandosi, ha “perso identità” e confine, i due aspetti che il sistema immunitario rappresenta. Possiamo contare però su due piante, il timo (che ti mette al riparo da tosse e bronchiti) e la ravensara (per evitare raffreddori). Ma vediamo come… Continua a leggere



Riflessologia plantare

Un’emozione non vissuta perché troppo dolorosa si cristallizza nel corpo e crea un blocco… che inizialmente si manifesta con un disturbo…                                                                Prof. Giuseppe Calligaris, Neurologo e Ricercatore Medico   Parliamo di riflessologia plantare insieme a Giulia Giuntoli, Naturopata specializzata in Fitoterapia, presso la Scuola Italiana di Medicina Olistica SIMO di Milano. Perché la riflessologia plantare è considerata una terapia? La risposta al quesito la troviamo nei millenni di applicazione di questo efficace trattamento, elisir di lunga vita che in primis spalanca le porte al cammino verso sé, permettendo alla naturale forza vitale di esprimersi al meglio per attuare il… Continua a leggere


Malattie cardiovascolari e differenze di genere

Uomini e donne, diversi in tutto, soprattutto nel cuore. Non è questione di sentimenti, ma di come siamo fatti. Tra i due sessi intercorrono molte più differenze di quanto si possa pensare. Anche se oggi i dati in letteratura sono ancora parziali, quelle poche evidenze ci dicono che esistono differenze enormi in base al genere e che queste possono però influenzare direttamente il modo di fare prevenzione, diagnosi e cura. Le malattie cardiovascolari rappresentano a oggi una delle categorie più diffuse di patologie al mondo, e sono gravate da un’importante mortalità. L’insorgenza di queste malattie è differente nelle donne e negli uomini. Negli ultimi decenni, molti studi clinici si sono concentrati su questi disturbi. Alcuni di essi hanno rilevato che, nonostante le donne abbiano minor incidenza, prevalenza e mortalità per tali patologie, ricevono anche meno cure (in termini di prevenzione, accertamenti diagnostici e trattamenti) rispetto alla controparte maschile; alcuni studi hanno inoltre notato che, in seguito ad un evento cardiovascolare acuto, il sesso femminile ha una prognosi peggiore rispetto agli uomini colpiti da tale malattia. Nelle donne la malattia si manifesta con dieci anni di ritardo rispetto agli uomini e dà segnali differenti: il cuore delle donne è più suscettibile alle scariche adrenergiche provocate dalle forti emozioni, ad esempio e nell’infarto non compaiono i tipici segnali riportati dagli uomini. Inoltre, fino a quando non subentra la menopausa ha una specie di ombrello ormonale che la protegge. Le malattie cardiovascolari non colpiscono quindi entrambi i sessi allo stesso modo e gli approcci diagnostico-terapeutici non sono sempre sovrapponibili. Dai fattori di rischio, ai sintomi, alle cure: sono queste le principali diversità da tenere in considerazione. Continua a leggere